L’opera fa parte di una serie di sculture realizzate con legno e ferramenta di recupero, principalmente utensili agricoli o ingranaggi. Il fine è il riuso di materiali che altrimenti andrebbero in discarica o peggio lasciati a consumarsi in qualche angolo di campagna, inquinando. Si potrebbero definire sculture eco; c’è anche un sottile rispetto proprio verso l’utensile o l’ingranaggio usato, verso il lavoro che esso ha svolto. Il loro riutilizzo è quasi una rinascita, un nuovo lavoro, il servire ancora a qualcosa. Immaginiamo di essere non nell’anno 2012 ma nel 7012, durante degli scavi sono stati trovati dei fossili che risalgono ad un mondo ormai scomparso: pesci e conchiglie dove una tecnologia umanoide si fonde con la natura dando vita a degli esseri mai visti prima d’ora. Dopo qualche migliaio d’anni passati sotto terra ci sono arrivate solo le parti dure dell’animale. L’opera è formata da sei picchi tenuti insieme da una barra filettata e distanziati da legno frackè, lo stesso usato per scolpire la testa e la coda, a formare una lisca. Sia la testa che la coda hanno un foro dove la barra filettata si inserisce, incollata con una colla speciale.