Ispirato, come gran parte della sua produzione artistica, ai racconti degli sciamani e all’esperienza mistica
che contraddistingue il “medicine man” quando viene in contatto con il mondo ultraterreno, questa figura
nasce dal dialogo con la divinità. Un uomo seduto, nella più semplice delle posizioni, quella fetale e in
attesa di ciò che sarà. È l’uomo che una volta morto sarà deposto sulla barca sepolcrale che viene spinta
lungo le acque di un fiume, è l’anima dell’uomo pronto a intraprendere un viaggio spirituale nell’aldilà.
Molte delle sculture della produzione “Tinglit” o “Haida” si presentano in posizione fetale o allungata sul
ventre di un animale totemico. Alcune delle sculture “Inuit” invece rappresentano l’uomo immerso nella
natura circostante, nella sua solitudine ma allo stesso tempo nella sua forza intima e serena. Pellegrini
ha deciso di non rappresentare troppo dettagliatamente il corpo e il viso, proprio per lasciare libertà alla
semplice posizione, la resa è infatti materica ispirata lievemente a Burri. L’artista cerca sempre di delineare
un geometrismo che ineluttabilmente caratterizza il nostro mondo conteporaneo, dopo Mondrian e la
rivoluzione industriale. La sua è una ricerca sul come definire l’uomo contemporaneo nel suo ambiente e
in una dimensione spirituale, secondo lui necessaria.