L’opera ispirata dalla frase di Gesù “Beati coloro che non si scandalizzeranno di me”, vuole rappresentare la passione di Cristo sulla terra. Le impronte dei piedi al negativo, feriti dai chiodi, con il loro aspetto dorato assumono un’importanza di santificazione. In questo ambiente le impronte di Cristo si espandono in un nuovo universo che è il mondo della cristianità. L’opera riscopre il valore della lucentezza capace di fornire la superficie di un nuovo teatro delle immagini. Gli effetti riflettenti invadono le superfici circolari a forma di tubo, all’interno delle quali le forme delle figure e degli oggetti provenienti dall’esterno aprono lo scenario caleidoscopico di uno spazio fantastico. Quello proposto dall’artista è il piacere di un’esplorazione retinica e mentale, di un’esperienza sensoriale ma anche psichica capace di mischiare, in una sintesi ardita, le asperità di un oggetto che allude alle spine della vita (del calvario) e la superficie intatta, liscia e luminosa dell’acciaio. È come dire “tener conto di tutto”: del qui e dell’altrove, del sublime, dell’immanente e della materialità di un trascendente che possiamo percepire solo a partire dalla condizione umana. Il titolo dell’opera, non a caso, è “Beatitudine infinita”.