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LILIANE LIJN: I AM SHE

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LILIANE LIJN: I AM SHE

I AM SHE è la più grande mostra di Liliane Lijn finora realizzata al di fuori del Regno Unito, con opere dal 1969 ad oggi.
 
Nel corso degli ultimi sessant’anni, Lijn (americana, vive e lavora a Londra) ha creato un corpus di opere di eccezionale varietà e impatto. La pratica dell’artista è l’esito visivo, sensoriale e plastico delle sue esplorazioni e ricerche intorno a fenomeni corporei e non, elementi macro e microscopici, dentro e intorno a noi, difficili da identificare. Lijn si propone di penetrare e far emergere tali forze invisibili; per quanto la sua ricerca sia solitaria e personale, le opere non sono proiezioni dell’artista, né di alcun ego specifico.
 
 
“Non credo di essere necessariamente un artigiano, forse più un inventore. Penso che sia possibile paragonare la differenza a quella che intercorre tra un ricercatore e un tecnico. Non sono terribilmente interessata a realizzare l’oggetto, ma devo farlo, per poter vedere la mia invenzione”. Al fine di “vedere” le sue invenzioni, Lijn ha sperimentato con media e materiali a tutto campo e senza freno, in particolare incorporando macchinari, luce e linguaggio nel suo lavoro. Il suo studio a nord di Londra è un luogo di speculazione, ma anche un sito per esperimenti, un centro di ricerca, un laboratorio. Tra le opere in mostra, Linear Light Column (1969) è un cilindro rotante avvolto in filo di rame smaltato, un tempo il materiale principale utilizzato per le telecomunicazioni. Alle pareti, due grandi pastelli Her Water Self e Inner Bird Portrait e il trittico Transformation of the Bride in the Medusa (1987). Sul podio è presente una selezione di lavori di dimensioni più ridotte, creati a partire dagli anni ’80. Due esempi di “Beaded Heads”, studi per un nuovo tipo di testa femminile, e di “Torn Heads”, in cui il vetro soffiato è combinato con bronzo, alluminio, piumini e altri materiali. Opere scultoree successive come She Me Skin of the Tree (1999) e Nested Foot (2001) integrano parti corporee riconoscibili – fusioni da calchi del corpo dell’artista stessa.
 
 
Nella seconda sala, Feathered Lady (1979) e Heshe (1980) sono stupefacenti nella loro apparenza formale e materiale: alti due metri, questi totem umanoidi sono ambiguamente sessualizzati attraverso l’uso di piumini, corde di pianoforte, fibre sintetiche. Entrambi sono sormontati da prismi per periscopi di carri armati. I prismi sono elementi ricorrenti nell’opera di Lijn: scindono la luce bianca, la dividono nei suoi colori spettrali e rendono visibile l’energia. Accanto alle sculture, la mostra presenta in anteprima la più recente delle invenzioni di Lijn. Nei Catastrophic Encounters (2019-20), vetro fuso viene versato su un composto di metallo di mica chiamato Vapourshield, perturbandone la superficie, gorgogliando come lava, diventando fossile. Avvolta nella penombra, The Bride (1988), una grande scultura performante a tecnica mista, stratifica tecnologia, industria e natura. Racchiuso in una gabbia nera, questo archetipo femminile è una presenza imponente composta di mica legata a resina epossidica, piume di struzzo, vetro soffiato e sfere di cartapesta laccate. Nell’oscurità, pulsa di luce. “The Bride è un’alterità erotica già contaminata da vapori della morte. The Bride, come un arcobaleno, è un ponte tra due stati dell’essere... The Bride è un essere in gabbia che pulsa energia repressa.”
 
 
I AM SHE ha ricevuto il generoso supporto di Nicoletta Fiorucci Russo, Emily King e Matthew Slotover.
 

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